Sono stati tanti i volontari che l’estate scorsa sono passati dalla casa di prima accoglienza per minori non accompagnati di Reggio Calabria, come già avevamo proposto la testimonianza di Feirouz o del gruppo giovani della Toscana , oggi abbiamo scelto di pubblicare la lettera di Pietro, un giovane di Reggio Emilia, che ha scelto di trascorrere parte della sua estate con i ragazzetti di casa Annunziata.
Ciao Giovanni,
Pensavi che mi fossi scordato della lettera eh…
Infatti è vero, mi ero scordato, mi è tornato in mente solo qualche giorno fa. Non mi sono assolutamente dimenticato di voi, semplicemente mi è sfuggita questa cosa.
Ho sentito qualche volta Leo e Vale per messaggio o per qualche breve chiamata e devo dire che ciò che più mi manca è il rapporto con loro due. Adriana mi torna in mente meno spesso, ma lei è così: una presenza “silenziosa” e profonda che ti lascia un segno senza che tu te ne accorga.
È stato proprio un mese intenso, denso di incontri e momenti forti. Ciò che più colpisce e rimane in chi “passa di lì”, come abbiamo fatto noi, non è tanto il cimitero, il porto o la testimonianza di qualcuno, ma il quotidiano. Il dormire insieme, il mangiare alla stessa tavola, il giocare a calcio con o contro i ragazzi… queste sono le piccole bellezze che ho tenuto con me.
Con ciò non sto dicendo che cimitero, porto e testimonianze non siano esperienze valide, anzi, se contestualizzate come si deve, sono davvero interessanti. Il cimitero in modo particolare.
È stato provocante anche conoscere te e la tua grande-famiglia/famiglia-grande e ragionar di sogni sul lungomare, fantastico, di Reggio. Sta cosa del sogno si ripresenta spesso e capita che mi chieda se effettivamente sia necessario averne uno per far della propria vita qualcosa di bello. Non mi sono ancora risposto, ma chissà…
I ragazzi, i veri protagonisti di questo mese, mi han lasciato davvero tanto. Non c’è un volto in particolare, non un episodio o un loro modo di fare, ma semplicemente il loro esserci stati ed il loro essere stati con me.
Quando sono arrivato all’Annunziata mi son sentito, per qualche giorno, straniero, disarmato dalle mie abilità, messo a nudo dai dei pischelli neri che non parlano nemmeno bene l’italiano. È strano far la parte “dell’intruso” nel proprio paese. Ero a casa d’altri ed ero io che dovevo imparare le regole, strano anche questo: osservare degli stranieri con l’obiettivo di capir le loro dinamiche e non imporre le mie, nonostante, ancora una volta, fossimo in Italia.
Ho capito l’importanza dell’osservare e del farsi da parte. A mio grande stupore, mi son reso conto che in tante situazioni, l’esserci significa proprio farsi da parte, stare zitti ed ascoltare.
I ragazzi e in genarle la vita di comunità mi hanno permesso di riconsiderare il valore della delicatezza. Non perché loro fossero delicati, anzi, ma perché esigono delicatezza. Esigono attenzioni che forse non hanno mai avuto.
Non solo loro esigono delicatezza, anche le dinamiche di comunità fan capire che ci vuole estrema attenzione a quel che si dice e che si fa, per preservare la sincerità dei rapporti e l’equilibrio della casa.
Un abbraccione da Reggio a Reggio!
Pietro Tamburoni
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