Dal 1963 il termine “giusto”, però, viene esteso a coloro che in tempo di conflitto, guerra o genocidio hanno deciso di opporsi alla logica del “salva prima te stesso” ed hanno aiutato anche una sola persona a fuggire dal suo triste destino. Ma a questo punto è lecito chiedersi se queste esperienze siano utili, se sapere che queste persone esistono e sapere la loro storia ci porta a capire qualcosa di più anche delle loro guerre o delle situazioni in cui hanno vissuto; qualcuno poi si chiederà se vedere i conflitti con la lente dei “giusti”, e quindi vedendo anche e soprattutto il bene, non rischi di sminuire e di rendere meno gravi gli effetti di un conflitto.
Per capire meglio la loro utilità, però bisogna calarsi nei loro panni e studiare prima di tutto la loro esperienza personale, chiedendosi sempre se saremmo stati capaci di fare lo stesso.
Vi proponiamo quindi la storia di un “giusto”:
Si Kaddour Benghabrit, algerino di nascita, visse per molto tempo a Parigi; egli nel periodo della Seconda Guerra Mondiale fu rettore e imam della Grande Moschea di Parigi. Questa struttura, nata nel 1920 con l’intento di celebrare il felice rapporto tra musulmani e parigini, era un luogo non solo di culto, ma anche di aiuto per coloro che lo necessitavano. Nel momento in cui la Francia e Parigi furono attaccati dalla Germania e iniziarono le persecuzioni ebree fu importantissimo il ruolo della comunità musulmana parigina: Kaddour da subito diede un sostanziale aiuto alla comunità ebraica falsificando moltissimi documenti in modo da far figurare gli ebrei come musulmani e successivamente farli emigrare in luoghi più sicuri. La sua opera di salvataggio fu ostacolata dalle autorità tedesche che, già a settembre del 1940, avevano intuito le sue mosse e gli avevano ordinato di smettere. La figura di Kaddour Benghabrit viene descritta come un “dimenticato Schindler” poiché non gli è stato mai concesso il titolo di “Giusto tra le Nazioni” e ancora si discute sul numero di persone che egli abbia effettivamente salvato: se da una parte si parla di 500 persone, dall’altra i suoi collaboratori, che tenevano i registri in quel periodo, parlano come minimo di 1600 persone. L’esperienza di Kaddour, soprattutto in un periodo come il nostro in cui se si parla di musulmani a Parigi è difficile pensare a un’esperienza positiva, ci fa vedere come l’aiuto reciproco e il soccorso in caso di difficoltà sia un valore che deve assolutamente prescindere dalla religione che professo o dalla cultura che ho.