Mi guarda con uno sguardo incuriosito, non riesco bene a dialogare con lui, so solo dirgli “guarda e aspetta”.
Prendo un pezzo di panettone e, con un gesto molto goffo, faccio finta di essere un mago provetto, facendolo apparire nell’altra mano.
Non so come, ma ci casca, e durante il resto del tempo, tenta di emulare la magia con gli altri ragazzi.
Si chiama Andrej, ha 12 anni e non ha più la famiglia, i genitori sono morti per la droga. Lo abbiamo incontrato per pura fortuna, ci dice la suora, non viene spesso, in quanto poco reperibile a causa del fatto che non ha neanche una casa ed è costretto a vivere per strada.
Nonostante questo, però, è lì che mi sorride e che mi chiede il bis, lo guardo, sorrido e gli concedo una seconda chance per capire il trucco.
Questo è come sento che i poveri mi chiamano alla giustizia, alla semplicità, all’essere attivo. È in questi momenti che mi sento povero dentro, io, con tutti gli agi italiani e con una bella famiglia alle spalle, riesco ad essere infelice, riesco a crearmi mille problemi e a fermarmi davanti ai primi ostacoli, nonostante chi non ha niente riesce, con la sua voglia di vivere, a provocare un’onda devastante nella mia vita.
La Romania, con i suoi dualismi estremi, ci chiama ad essere vivi e a non fermarci davanti a niente, neanche di fronte alla devastante realtà che è la nostra insufficienza nel cambiare il mondo.
La Romania ti insegna che, nonostante l’orizzonte di una società sembri immutabile, tu hai la forza per cambiare la tua vita, che nell’incontro vero e profondo con chi vive nelle periferie del mondo, prende senso e non ti rimane che amare con sincerità e potenza, chi ti sconvolge il cuore.
Nel fiume in piena che è il campo “fuorilemura” in Romania, torno sempre a casa pieno di domande senza aver mai compreso fino in fondo le situazioni, le emozioni, che vivo e che provo.
Tornando a casa, alla mia quotidianità, sento finalmente di poter riflettere ed assimilare tutti gli sguardi, tutte le risate, tutta l’indignazione e le difficoltà, raggiungendo così delle consapevolezze che porterò con me nella mia vita. Alla fine di questo capodanno vicino a chi è lontano dagli occhi e dal cuore di chi vuole solo festeggiare, sento che Dio mi chiama, e mi conduce per mano, ad una vita con i poveri che diventano lo strumento per la mia vera felicità.
Filippo Carroli