Sabato sera ho avuto una chiacchierata intensa con un amico. Parlavamo del Fuori le mura, in generale.
I giovani che bazzicano nel Fuori le mura, ogni anno, sono tanti. C’è chi lo vive come esperienza, dedicandogli un po’ del suo tempo, chi lo prende come impegno, partecipando ai Campi da anni o passando le serate del week-end con le Unità di strada. C’è chi poi il Fuori le mura lo sceglie come stile, lo sceglie completamente, dedicandogli il lavoro, gli studi, la vita stessa.
La bellezza del Fuori le mura è nel fatto che ti coinvolge totalmente, che ti prende così come sei, con le tue fatiche, con i tuoi limiti, con i tuoi sogni, con la tua voglia di cambiare tutto e il bisogno di avere certezze. Un’amica al momento di verifica dopo un Campo, l’anno scorso, diceva “è bello andare in quartiere perchè vado bene così, non devo preoccuparmi di come sono o di come mi comporto. Ai bambini piaccio e servo così”. Ed è vero, ognuno è importante, ognuno ha il suo posto, ognuno è forza, all’interno del gruppo e nella relazione con le persone che si vanno ad incontrare.
Ci siamo accorti, però, che molte volte c’è il rischio di abituarsi alle cose che si vedono. “andare Fuori le mura è abitare l’altro”, diceva Giorgio. A volte però, ci entri tanto e così spesso da non renderti più conto di quanto sono ingiuste molte situazioni, anzi, diventa normale vederle, incontrarle lì. E quindi quando incontri Sarah sulla strada che ha la tua stessa età, o Miriam che ha 8 anni e non va a scuola perchè “mamma ha bevuto e stamattina non si è alzata per accompagnarmi”, o Vladimir alla stazione che a vent’anni chiede l’elemosina ed è ubriaco e Lamin che a 14 anni vende braccialettini per le strade di Pisa, non ti sconvolgi più, ormai quasi te lo aspetti e non ci fai tanto caso.
Dopo un po’, anche per autodifesa, iniziamo ad arrabbiarci sempre di meno.
Come si fa a non abituarsi alla sofferenza che incontriamo? a non dare per scontato il fatto che molte cose non sono giuste?
E a capire cosa è giusto e cosa no, mettendo da parte i nostri punti di vista e i nostri “schemi mentali”, ma senza perdere il senso di ingiustizia che tanto ci spinge ad andare in strada?
ciao michela io capisco quello che dici, però penso che a volte cercare di non farsi coinvolgere troppo emotivamente sia importante perchè poi si rischia davvero di farsi distruggere dalle ingiustizie e di non riuscire ad andare più avanti. è vero che poi sembra quasi che ci abituiamo, è importante allora ricordarci sempre perchè andiamo fuori le mura, chiedercelo spesso e avere come risposta “per gli ultimi”, e cercare di vedere non solo la loro sofferenza ma anche il bene che ci può essere e continuare ad andare per quel bene.
ciao