Da un paio di giorni sui Tg rimbalza la notizia: “Il difficile viaggio del Papa in Cile”. Già, perché dal 15 gennaio Papa Francesco è in visita al popolo Cileno, ma sta incontrando non poche difficoltà. Allora spengo un attimo la TV e penso: quante volte nella mia testa si sono accumulati dubbi, incertezze grandi, sulla Chiesa e su chi la rappresenta. Nel corso degli anni ne ho sentite parecchie: dalle crociate al caso Galilei, dalle streghe bruciate vive alla ricchezza sfoggiata dal Papa. Non sono un tipo che segue il gregge, mi piace ragionare con la mia testa, quindi, anche se credo in Dio, non ho mai fatto sconti alla Chiesa per i suoi errori. Ovviamente il momento più brutto è stato quando il mondo intero ha puntato i riflettori sugli abusi sessuali compiuti dai sacerdoti verso i bambini loro affidati. Che fine aveva fatto la fede, o anche solo l’umanità, di quegli uomini di cui mi ero sempre fidata?
Inutile a dirsi, la svolta è arrivata con Papa Francesco, quell’uomo semplice e fermo che sogna “una Chiesa povera e per i poveri”. Ma sapevo che non mi sarebbe mai bastato un Papa dal volto sorridente e dalle belle parole: il mio cuore cercava verità. E proprio la verità ha riacceso in me il sogno di una società nuova, quando nei piccoli gesti di quel Vescovo argentino ho intravisto lo stesso desiderio che mi abita da sempre. Una specie di nostalgia inspiegabile per un mondo bello, più simile al bozzetto che Dio aveva preparato. Ma allora perché le contestazioni in Cile? Laggiù i bambini hanno sofferto. Molto. Un Papa capace di chiedere scusa, di piangere con le vittime, ma anche di essere molto deciso con i responsabili di quell’orrore, è davvero il mio Papa.