Qualche giorno fa, alla Capanna di Betlemme, ho conosciuto Giovanni, un uomo di 56 anni, romagnolo doc.
Ha vissuto in strada per diversi anni, adesso dice che nella Capanna riesce a sentirsi in famiglia. E poi, con orgoglio, dice che lui ormai lì è di casa, che la Capanna l’ha “vista crescere” e ha anche conosciuto don Oreste.
Era il 2000, racconta, e lui dormiva in un sottopassaggio insieme ad altri due, su un cartone. Quella era casa sua da quando aveva perso la famiglia e il lavoro.
In strada il don era andato ad incontrarlo, “lui non aveva paura di noi”, ricorda Giovanni. “Veniva a parlare spesso con noi, e poi un giorno mi ha chiesto cosa volessi fare della mia vita. Io gli ho detto che lavoricchiavo, ma non abbastanza per potermi permettere una casa. Don Oreste mi ha aiutato a pagare i primi mesi di affitto, mi ha aiutato a sistemarmi e veniva a trovarmi.
Quando poi io e la mia compagna avevamo modo di tornargli i soldi, sono andato da lui, e lui mi ha detto che non li voleva, che per ripagarlo dovevo andare ad animare i bambini nella parrocchia della Grottarossa il giorno di Pasqua.”
“Lui non era attaccato al dio denaro” si stupisce ancora oggi Giovanni, dopo anni da quell’incontro, mentre inizia a commuoversi “Lui se ne fregava dei soldi. A lui interessavano le persone.
Solo le persone.
Era un matto!”