Sara ha tredici anni, è figlia di una casa-famiglia dell’Apg23 di Cuneo.
Ha avuto la “fortuna” (come lei sottolinea), di vivere una vacanza particolare: insieme ad amici dell’Apg, papà Dario e Leti, nove anni, è partita per due settimane con destinazione Iringa (Tanzania) dove vivono suo fratello Max e la moglie Kanty, missionari.
Ciò che scrive di sotto, racconta un pezzo del suo intenso viaggio:
“Mai avrei mai immaginato di potermi ritrovare, a soli 13 anni, in un piccolo angolo di paradiso… Eppure ho avuto la fortuna di scappare un po’ dalla quotidianità per vivere quindici giorni di pura bellezza.
Ci sono talmente tante cose da dire che davvero non so da dove cominciare, inizio così con ciò che più ti lascia l’Africa: sorrisi. I sorrisi dei bambini. Quando con la jeep passavamo per le strade, gli adulti ci guardavano con disprezzo perché lì il bianco è sinonimo di ricchezza, invece i bambini, appena ci vedevano, iniziavano spesso a rincorrerci e a sorriderci!
Un sorriso africano è diverso da uno italiano: per prima cosa penso che spesso abbiamo falsi sorrisi perché ormai noi non ci stupiamo mai di niente, mentre loro sanno gioire anche per le piccole cose, cerco di spiegarmi meglio… se regalassi a una bambina qui in Italia una matita, lei non sarebbe soddisfatta e magari mi sorriderebbe senza alcuna gratitudine, se invece regalassi una matita a una bambina Tanzaniana, questa non farebbe che saltarmi addosso per ringraziarmi e ammirarmi! È triste se ci pensiamo, noi abbiamo tutto e proprio per questo non ci stupiamo di niente ormai.
Comunque ho avuto modo di conoscere diversi bambini che stavano in orfanotrofi e tutti hanno avuto la stessa reazione nel vederci: erano incuriositi e affascinati! Ho tenuto in braccio molti bambini che non mi si scollavano di dosso, un giorno un orfanotrofio aveva dato a ogni bambino una caramella che poi tutti hanno offerto a me: certi bambini perfino mordevano la caramella e a ogni morso me ne offrivano un pezzo, io ovviamente rifiutavo, non perché mi facesse schifo ma per il fatto che quella caramella fosse un caso eccezionale per loro ed io non avrei mai voluto toglierglielo!
Un giorno invece siamo andati a messa dalle suore che gestiscono un orfanotrofio ed è stato stupendo, tutte le ragazze/bambine avevano una voce stupenda e alla fine della messa sono uscite cantando e sono andate fuori a ballare attorno a una di loro che suonava il tamburo! Mi sono unita a loro e tutti cantavano e danzavano, si toglievano le felpe e le lanciavano in aria, c’era un clima di festa che qui non ho mai visto!
Una cosa che invece ti tocca veramente il cuore è vedere per i villaggi le donne e il loro lavori! Fanno tutto loro e dico davvero tutto, dal coltivare la terra allo spaccare le pietre… si vedono maschi lavorare, che ovviamente sono bambini, anche loro fanno tanto, spesso li vedi a vendere nei “negozietti” o a lavorare con le mucche o che lavorano nei campi e se non fanno queste cose, i più grandi (6 o 7 anni)
guardano i fratellini!
Non mi sono soffermata nel raccontare la parte paesaggistica perché forse è quella più difficile da descrivere, sembra tutto una cartolina!
Ci sono tante tante altre cose da dire, ma per adesso mi fermo qui altrimenti non finisco più!
Sfrutto ancora queste due righe per ringraziare papà, perché è grazie a lui che ho potuto vedere persone e cose che pochi hanno possibilità di vedere e ringrazio mamma, senza la quale non saremmo potuti partire!”